2.1 Introduzione al romanzo
La versione definitiva de Il suono della Montagna [Yama no oto] viene pubblicata nell’aprile 1954, ed è il risultato del rimaneggiamento di racconti separati già editi in un intervallo di tempo che ricopre i cinque anni precedenti, quindi fino al settembre 1949. Il romanzo vinse il premio letterario Noma1. Una prima edizione venne pubblicata insieme a Millegru [Senbazuru] nel 1952, ed è interessante notare che fu proprio in quella occasione che Kawabata disprezzò il suo modo di pubblicare a spezzoni i romanzi, pur dichiarando di non poterci fare proprio nulla2. Quella versione era solo parziale3, ma insieme a Senbazuru valse allo scrittore il Premio letterario dell’Accademia Giapponese.
Sono contemplate ben diciassette puntate uscite su un totale di otto differenti riviste4. Come è già stato detto, Kawabata aveva la tendenza a pubblicare le sue opere a puntate, in modo da poter aggiungere sempre qualcosa, qualora la sua ispirazione, o la richiesta dei lettori o delle case editrici, lo avessero indotto a farlo. Non fa eccezione Yama no oto.
L’opera consta di 16 capitoli, ciascuno identificato da un titolo in stretta relazione con il suo contenuto. Essi sono:
- Il suono della montagna (Yama no oto 山の音) (5 sottocapitoli)
- Ali di Cicale (Semi no hane 蝉の羽) (4 sottocapitoli)
- Le fiamme delle nuvole (Kumo no honō 雲の炎) (3 sottocapitoli)
- Il riccio di castagna (Kuri no mi 栗の實) (5 sottocapitoli)
- Il sogno dell’isola (Shima no yume 島の夢) (4 sottocapitoli)
- Ciliegio d’inverno (Fuyu no sakura 冬の櫻) (4 sottocapitoli)
- Acqua mattutina (Asa no mizu 朝の水) (4 sottocapitoli)
- La voce nella notte (Yoru no koe 夜の聲) (4 sottocapitoli)
- Campane di primavera (Haru no kane 春の鐘) (4 sottocapitoli)
- La casa degli uccelli (Tori no ie 鳥の家) (3 sottocapitoli)
- Il parco imperiale (Miyako no sono 都の苑) (4 sottocapitoli)
- Le cicatrici (Kizu no ato 傷の後) (4 sottocapitoli)
- Nella pioggia (Ame mo naka 雨の中) (3 sottocapitoli)
- Lo stormo di zanzare (Ka no mure 蚊の群) (3 sottocapitoli)
- Uova di serpente (Hebi no tamago 蛇の卵) (4 sottocapitoli)
- I pesci d’autunno (Aki no sakana 秋の魚) (5 sottocapitoli)
Lo stesso titolo ha in giapponese molte connotazioni che nella traduzione italiana non è possibile rendere: il kanji5 音 ha infatti numerose letture e significati. Nella lettura kun “oto” può significare “ruggito”, “boato”, “fragore di onde”, “schianto”, “spruzzo”. Può voler dire anche “fama” e si trova in composti che hanno a che vedere con “notizia”, “messaggio”. Nella lettura on “on” si trova in parole come ongaku (音楽) che significa “musica” o altre parole come onto (音吐) che significa “voce”, “tono”, quindi sempre legate alla sfera musicale. Persino i titoli originali dei capitoli (si veda sopra) sono caratterizzati da assonanze, schemi ripetitivi: sono tutti costituiti da tre parole, due delle quali kanji legati dalla particella no (の)6.
Il romanzo copre un anno e qualche mese di tempo, per ciò che concerne la narrazione lineare: comincia nell’estate e si conclude nell’autunno dell’anno successivo, ed è ambientato nel dopoguerra. Diversi sono gli elementi che ci inducono a pensarlo. Innanzitutto qualche dialogo tra i protagonisti, in primis Shingo e Shūichi: si fa cenno infatti alle persone uccise in guerra da Shūichi. Lo si percepisce, inoltre, dai temi trattati, ovvero la vicinanza estrema della morte (di cui è presagio il suono della montagna). Infine si parla esplicitamente di Eiko, Ikeda e Kinuko come vedove di guerra.
Sono disseminati vari elementi che consentono di individuare, con una buona approssimazione, gli anni di ambientazione del romanzo. Innanzitutto si parla del settimo centenario dell’introduzione del buddismo in Giappone, in relazione al secondo anno di ambientazione7. Yasuko, la moglie di Shingo, non sa se si festeggi, in realtà, il settimo centenario della costruzione della grande statua di Buddha a Kamakura8, oppure l’arrivo di Nichiren9 (日蓮大聖人, 1222-1282) in Giappone. Nel primo caso, essendo il daibutsu (大仏)10 completato nel 1252, il romanzo sarebbe ambientato dall’estate 1951 all’autunno 1952. Nel secondo caso, avendo Nichiren fondato la scuola Hokke nel 1253, l’ambientazione del romanzo coinciderebbe con gli anni 1952-1953. C’è, inoltre, il riferimento all’adozione del sistema occidentale di contare gli anni delle persone11. Fino a quel momento, infatti, in Giappone le persone avevano un anno alla nascita e un altro anno veniva aggiunto all’inizio dell’anno successivo: chi per esempio nasceva a dicembre, il gennaio successivo aveva ben due anni. Detto sistema venne abolito nel 1920, quando il governo approvò l’adozione del sistema occidentale. In effetti, il nuovo sistema non venne rispettato fino al 1950, quando il governo emise una apposita circolare per fare rispettare l’emendamento. In questo senso, c’è una discrepanza tra quello che afferma Kawabata riguardo il settimo centenario del buddismo e l’adozione del nuovo sistema di contare gli anni. Se prendiamo per buona l’ambientazione nei due anni a cavallo dell’adozione del nuovo sistema, infatti, il romanzo coprirebbe gli anni 1949-1950. Ad ogni modo, Kawabata non era il tipo di scrittore che si preoccupava molto della assoluta rigorosità e verosimiglianza storica delle sue opere. E’ interessante, comunque, avere un’idea della collocazione temporale del romanzo, che per quanto detto è sicuramente ambientato agli inizi degli anni cinquanta.
2.2 La trama
Il romanzo è la storia di parte della vita di Ogata Shingo, padre di famiglia e impiegato sessantenne, narrato dal suo punto di vista, ma non in prima persona. Shingo ha una moglie, Yasuko, un figlio, Shūichi ed una figlia, Fusako. Entrambi sono sposati. La figlia, all’incirca trentenne, ha grossi problemi con il marito, coinvolto in spaccio di droga. Il figlio, all’incirca ventenne, lavora come impiegato nella stessa ditta di Shingo a Tōkyō e, ad appena due anni dal matrimonio, ha una relazione con una donna di Hongō 12.
Shingo si trova dunque fin dall’inizio del romanzo con un duplice problema: da un lato sa della relazione di Shūichi ma non ne fa parola con la nuora, Kikuko. Dall’altro lato è amareggiato per la situazione della figlia: ella ha infatti due figlie a carico e si trova in rotta con il marito. Il romanzo si apre presentandoci Shingo teso tra i problemi famigliari e i suoi stessi problemi, legati alla vecchiaia e all’approssimarsi della morte. Shingo frequentemente, infatti, dimentica le cose. Già dal primo capitolo ci viene mostrato mentre non riesce a ricordarsi il nome e il viso della cameriera, che aveva lasciato la casa solo una settimana prima. Durante la prima notte del romanzo, una notte indimenticabile, Shingo si scontra con la vecchiaia simboleggiata dal corpo vecchio della moglie, la quale russa fastidiosamente. In un passo memorabile, ode il suono della montagna. Si tratta di un suono inesprimibile, più simile al rimbombo del mare, ma che segna, per Shingo, l’inevitabile approssimarsi della fine: non si tratta solo dell’epilogo della sua esistenza, ma anche di uno stimolo a fare un bilancio, a trarre conclusioni dalla sua vita.
Shingo è legato alla moglie, Yasuko, da un doppio vincolo: da un lato ella è sua moglie a tutti gli effetti, dall’altro è sorella della bellissima donna di cui Shingo si innamorò da ragazzo, una figura che compare tuttora nei pensieri di Shingo, in un’aura di calore e splendore. Il suo ricordo è spesso associato all’immagine di un bonsai di acero rosso13 che le era stato regalato dal padre. La sorella di Yasuko è ormai morta da circa trent’anni e Shingo, proprio nella speranza di consolarsi da questo grave lutto, decise di sposare la sorella dell’amata, Yasuko, a sua volta molto addolorata per questa perdita.
Si tratta di una decisione di cui Shingo non si è mai pentito. Pur non essendo bella come la sorella, Yasuko è una donna forte, con una salute di ferro. E’ molto discreta e dimostra in varie occasioni la sua saggezza: capisce profondamente la psicologia di Shingo e il suo attaccamento per la nuora. Comprende la figlia, squattrinata e col marito quasi inesistente; capisce il figlio che, pur tradendo la moglie, è angosciato dai ricordi della guerra, ancora troppo vicina. Soccorre Shingo quando, come spesso accade, la sua memoria fa acqua. Si tratta di una presenza fondamentale nel romanzo.
Colei che rappresenta la luce per gli occhi di Shingo è però la nuora. Bella, dai movimenti molto femminili, con una linea speciale del viso e del collo, Kikuko è dolce e premurosa nei suoi confronti. Per il vecchio Shingo ella rappresenta un’oasi: è la donna che, se gli fosse concesso di tornare indietro negli anni, amerebbe e sposerebbe. Kikuko è un vero e proprio modo per eludere il tempo, anche se solo nell’immaginazione. Yasuko, Shūichi e Fusako hanno carpito i segreti pensieri del vecchio, perlomeno quelli più “puri”, e lo sorprendono più volte con le loro affermazioni. Fusako lo fa quasi con gelosia, perché non si vede attribuite le attenzioni che vorrebbe dal padre. Shūichi lo fa con più discrezione e meno coinvolgimento emotivo.
La narrazione lineare è continuamente interrotta da una serie di flashback di Shingo o di precisazioni e spiegazioni del narratore, tanto che a volte si fa fatica a tenere il filo della narrazione. Sono raccontati ben otto sogni di Shingo, senza contare i ricordi degli anni passati, del matrimonio di Shingo, della sorella di Yasuko, di eventi funesti che hanno a che vedere con la morte degli amici del protagonista. Uno di questi, Kitamoto, impazzito dopo la morte, durante la guerra, dei suoi tre figli, passa il tempo a strapparsi tutti i capelli bianchi allorché gli spuntano in testa. Smette solo quando non ne rimane che uno. Poi, accade il miracolo: i capelli cominciano a ricrescere scuri e, poco dopo, Kitamoto muore.
La morte, anche in guerra, ha un ruolo importante all’interno del romanzo. Shūichi, ad esempio, esprime al padre, in un momento di sdegno, il trauma del tempo vissuto in guerra. Si trovava infatti lontano da casa con l’obbligo di uccidere per sopravvivere e forse ha lasciato dei figli illegittimi. Altri sono i personaggi che nel libro ci parlano della guerra. Eiko, la giovane segretaria di Shingo, ha perso il fidanzato mentre la stessa amante di Shūichi decide di tenere il bambino di cui è in attesa proprio per riscattare in qualche modo la perdita subita durante il conflitto mondiale: è infatti una vedova di guerra. A nulla valgono gli sforzi di Shingo per convincere Kinuko ad abortire, con l’idea di mantenere così intatto l’onore, che sarebbe perduto qualora in un ipotetico futuro si venisse a conoscenza della illegittima paternità di Shūichi.
Assieme alla gravidanza di Kinuko si avvicenda anche l’aborto di Kikuko. Se Kinuko vuole tenersi il figlio a tutti i costi, Kikuko non si sente pronta a dare alla luce un bambino mentre il marito mantiene un’amante. I due personaggi sono legati più che dal solo fatto di condividere lo stesso uomo: i loro nomi suonano molto simili, sebbene il significato sia completamente diverso14.
Al contrario di Shūichi, la sorella, Fusako, ha un carattere decisamente più ostinato. Non si fa scrupolo a fare battute sarcastiche nei confronti della cognata, a gridare con il padre o la madre se necessario, a rimproverare al padre di non fare nulla per lei. Pur essendo brutta, Fusako ha un bel corpo, e i suoi seni sono simbolo di una femminilità terrena, concreta, al contrario della bellezza più pura ed eterea di Kikuko. Fusako ha due figlie, Satoko e Kuniko. Satoko, la più grande, è una figura inquietante: avendo vissuto l’esperienza travagliata della sua famiglia, al contrario di Kuniko che è troppo piccola per capire, si comporta in modo strano. In un episodio, strappa le ali dalle cicale quando le cattura, oppure talvolta viene sorpresa con un’espressione strana del viso.
Dopo che il marito di Fusako, Aihara, tenta il suicidio, Shingo si decide a presentare l’istanza di divorzio che giace, dimenticata per lungo tempo, nella sua borsa. L’istanza viene notificata tempo dopo. Shingo pensa di risolvere in questo modo il problema di Fusako, che è in definitiva anche un suo problema, riflesso nella sua incapacità, come uomo e padre, di pensare alla sua prole e alla sua famiglia. Si dà da fare anche per informarsi sullo stato di salute della mamma di Aihara, malata, e le fa arrivare dei soldi di nascosto. Cerca di fare lo stesso per Shūichi, ma vi riesce solo in parte anche se, dopo l’aborto di Kikuko, Shūichi lascia Kinuko che si trasferisce altrove, con Eiko, per gestire un negozio di tessuti. In questo modo la vita di Kikuko e del marito sembra rappacificarsi.
Tuttavia Shingo non ha risolto il suo vero problema: a parte la figlia e le due nipotine a carico, si sta approssimando il momento in cui dovrà fare un bilancio della sua vita. Non ha capito, ancora, come poter affrontare con serenità la morte e come vivere serenamente la sua vecchiaia. La natura sembra suggerirglielo attraverso tutto il romanzo: a cominciare dalla presenza della luna in cielo, chiara ed immobile, durante quel bellissimo momento al culminare del quale ode il suono della montagna. Poi vi sono le numerose piante che fioriscono e crescono per la durata del romanzo: il ciliegio in giardino, l’albero di ginko, il girasole. La natura tutta sembra voler dire qualcosa di profondo, da cui Shingo viene chiamato. Non solo egli ode il suono della montagna, ma anche il rimbombo del mare, in un passo emozionante durante una notte in albergo ad Atami15. La Natura rappresenta qualcosa che protegge il protagonista (il gigantesco albero che copre e sostiene Shingo e Kikuko durante una visita al parco imperiale di Shinjuku16), che lo visita (una cicala che gli si posa vicino, e che, pur essendo muta, gli “parla”), che gli si rivela all’improvviso (due pini che Shingo vede come abbracciarsi durante un viaggio in treno), che vuole attirare la sua attenzione (tre farfalle dietro un cespuglio di hagi17 nel suo giardino, che svolazzano e sembrano fare disegni nell’aria).
L’ultimo brano vede le tre famiglie riunite a cena: la famiglia di Shingo, quella di Shūichi e quella di Fusako. Tutto sembra apparentemente essersi risolto, e i conflitti appianati. Shingo sembra avere capito come poter affrontare la sua esistenza: come le trote che si lasciano andare alla corrente del fiume. Si tratta davvero di una conclusione? Kawabata non sembra volercene dare la certezza. Il romanzo termina con una scena estremamente quotidiana: il rumore dei piatti lavati da Kikuko in cucina.
1 Cfr. UEDA Makoto, Nobel Prize-winning Novelist – Kawabata Yasunari, in Hyoe MURAKAMI – Thomas J. HARPER (a cura di), Great Historical Figures of Japan, Tōkyō, Japan Culture Institute, 1978, p. 313, KEENE, cit., pp. 828-829 e Van C. GESSEL, Three Modern Novelists: Sōseki, Tanizaki, Kawabata, Tōkyō, Kodansha International, 1993, p. 184.
2 KEENE, cit., pp. 828-829.
3 Kawabata cambiò anche i titoli dei capitoli nell’edizione definitive, si veda Gwenn R. BOARDMAN, Kawabata Yasunari: A Critical Introduction, «Journal of Modern Literature», 2 (1971), p. 88.
4 In Hiroko Norita MALATESTA, The Way of the Modern Japanese Fiction: The Concept of ‘Geidō’ and the novels of Tanizaki Jun’ichiro and Kawabata Yasunari, Ann Arbor/London, University Microfilms International, 1981, p. 191 e anche MIYOSHI Masao, Accomplishes of Silence – The Modern Japanese novel, Berkeley, University of California Press, 1974, p. 113.
5 Ogni Kanji (carattere cinese) ha più di due letture, divise in lettura on (basata sulla pronuncia cinese) e lettura kun (ottenuta applicando la parola autoctona al kanji dallo stesso significato). Intorno al V secolo i giapponesi hanno infatti mutuato la loro lingua scritta da quella cinese (da KUBOTA Yoko, Grammatica di giapponese moderno, Venezia, Cafoscarina, 1989, p.16).
6 Si veda Gwenn Boardman PETERSEN, Kawabata Yasunari, in The Moon in the Water – Understanding Tanizaki, Kawabata and Mishima, Honolulu, The University Press of Hawaii, 1979, p. 169.
7 KYZ, Vol. 12, pp. 394-395. Cfr. la traduzione in inglese di Edward Seidensticker, in KAWABATA Yasunari, The Sound of the Mountain, London, Secker and Warburg, 1970, pp. 141-142, d’ora in poi abbreviato in SEID, la traduzione in Italiano di Atsuko Ricco Suga in KAWABATA Yasunari, Il suono della montagna, Milano, Bompiani, 1991 (1969), pp. 147-148, d’ora in poi abbreviato in SUGA e la sua recentissima revisione in KAWABATA Yasunari, Romanzi e racconti, cit., pp. 578-579, abbreviata d’ora in poi in SUGA 2.
8 Piccola cittadina vicina a Tōkyō, famosa come località turistica marittima e antica località storica.
9 Nichiren Daishonin: monaco buddhista, predicatore, fu per il buddhismo amidista quello che Lutero fu per il cristianesimo romano. Riformatore religioso radicale, fu il principale nemico di Shinran. Nichiren fece sua l’idea che il Giappone sarebbe stato ospite dello sviluppo finale e della maturazione conclusiva del buddhismo. Attualmente la maggior parte dei discepoli di (segue nota) Nichiren sono raccolti nella setta denominata Sōka Gakkai, discussa organizzazione religiosa che ha anche un braccio politico rilevante nella Dieta [il parlamento giapponese], il Kōmeito (let. “partito del governo pulito”).
10 Così viene chiamata la grande statua del Buddha a Kamakura.
11 KYZ, Vol. 12, p. 341. Cfr. SEID p. 94, SUGA p. 97 e SUGA 2 p. 528.
12 Quartiere di Tōkyō, famoso per la presenza dell’Università.
13 もみじの盆栽. I bonsai (alla lettera “coltura in vassoio”) sono alberi che vengono coltivati in miniatura grazie a particolari tecniche di potatura ed a una crescita lenta. Si tratta di una tecnica importata dalla Cina dai monaci Zen durante l’epoca Kamakura (鎌倉, 1185-1333).
14 Kikuko (菊子) significa “piccolo crisantemo”, mentre Kinuko (絹子) significa “piccolo filo di seta”. Seidensticker, nella sua traduzione in inglese di Yama no oto, convinse Kawabata ad autorizzarlo a sostituire Kinuko con “Kinu”. Si perdette, perciò, la stretta assonanza dei due nomi, mantenuta nella traduzione in italiano. Si veda PETERSEN, cit., p. 169.
15 Nota località termale e turistica del Giappone.
16 新宿, uno dei più noti parchi nell’omonima zona di Tōkyō, dove si possono ammirare migliaia di esemplari di piante, tra cui ciliegi e crisantemi.
17 萩, Hagi, ovvero Lespedeza bicolor.